BREVE NOTA STORICA
A differenza della comunità civile di Monte Magrè, che si considera un comune autonomo rispetto a Magrè fin dal 1328, benchè gli atti formali siano del 1517, e che fu soppresso in età napoleonica, la comunità religiosa fu legata alla parrocchia di Magrè fino agli inizi del XIX secolo. Quest'unione fu, però, contrassegnata da ripetute richieste di separazione, che, specialmente sotto don Paolo Zasa, parroco di Magrè fino al 1673, assunsero anche toni violenti, e da altrettante cocenti delusioni per gli abitanti del luogo. Solo il 2 agosto 1804, superate tutte le difficoltà, il vescovo Marco Zagari dava il suo assenso e costituiva la parrocchia autonoma di Monte Magrè, la quale, come ci informa il Maccà, era tenuta a corrispondere a quella dei Santi Leonzio e Carpoforo un tributo in cera.
Sebbene un documento, oggi perduto, fissasse al 1298, anno della donazione di Marcabruno da Vivaro, l'edificazione della chiesa di Monte Magrè, la prima notizia della chiesa dei Santi Filippo e Giacomo è del 1417, quando un testatore ordina di acquistare una lampada per l'altare del Santissimo "ecclesie Sancti Iacobi de Monte Magradis". Da un testamento del 1420 inoltre apprendiamo che presso questa chiesa esisteva un cimitero. Nel corso del XVI secolo la chiesa fu ampliata, abbellita e arricchita di una cappella dedicata al Santissimo, tanto che nel 1541 il vescovo di Vicenza poteva provvedere alla consacrazione. L'edificio assunse allora quella forma che manterrà fino al XIX secolo: "con l'abside rivolta verso oriente, nella mappa catastale austriaca [...] si mostra irregolare, con un corpo a destra che sopravanza, un quadrato a indicare il campanile, e una rastrematura nell'area del presbiterio" (SNICHELOTTO, p. 198). Quest'edificio, nel corso del XVII e del XVIII secolo fu costantemente arricchito di altari e decorazioni e giunse alla fine dell'età veneziana con due navate e con cinque altari.
L'incremento demografico degli inizi del XIX secolo suggerì all'allora parroco don Giovanni Battista Pozza (a Monte Magrè dal 1823 al 1864; morirà nel 1867) l'idea di ampliare la chiesa. A tale scopo lasciò al suo successore, don Antonio Battilana, un apposito legato. Così il 15 marzo 1868 si pose la prima pietra del nuovo edificio, su progetto, forse, di Antonio Breganze. Per non impedire lo svolgimento delle funzioni religiose, i muri della chiesa costruenda avvolsero quelli della vecchia, la quale, tuttavia, crollò nella serata del 4 ottobre 1868. Nonostante ciò i lavori proseguirono alacremente e, il 23 ottobre 1870, si poteva entrare nella nuova parrocchiale, benchè si dovessero aspettare ancora alcuni anni per completare le finiture interne.
Conclusa la costruzione della chiesa, nel settembre 1874, si gettarono le fondamenta del campanile, concluso solo nel 1884. La cupola, originariamente di legno rivestito di lamiera, fu rifatta in pietra nel 1932.
Nel 1908, infine, si conclusero i lavori, iniziati nel 1907, per costruire un piccolo oratorio a fianco della navata, dalla parte opposta alla sacrestia.
NOTE DI ARCHITETTURA E ARTE
BREVE VISITA GUIDATA
La facciata della chiesa è giocata sulle consuete strutture di tipo classico: quattro colonne corinzie inquadrano il portone d'ingresso; sopra di esse la trabeazione introduce il timpano, abbellito da un piccolo occhio. Nelle nicchie fra le colonne sono le statue dei due titolari, scolpite da Napoleone Guizzon nel 1909. Sopra la porta si trova l’epigrafe dedicatoria:
D(EO) O(PTIMO) M(AXIMO)
IN HONOREM SANCTORUM AP(OSTOLORUM)
PHILIPPI ET IACOBI
TEMPLUM LABORE ET AERE PLEBIS
INCEPTUM ANNO MDCCCLXVIII
PERFECTUM MDCCCLXXVI
FACIE ORNATUM MDCCCXCIV.
(A Dio ottimo massimo. Il tempio in onore dei santi apostoli Filippo e Giacomo, iniziato nel 1868 con la fatica e il denaro del popolo fu compiuto nell'anno 1876; fu decorato nella facciata nel 1894).
Passati attraverso la porta maggiore, si entra nell'ampia navata, chiusa alle estremità da spazi curvilinei che danno alla pianta un senso di dinamicità. Lo spazio interno è scandito dal regolare succedersi di lesene e semicolonne corinzie. La decorazione, originariamente pensata da Luigi Pupin su progetto dell’arciprete di Cornedo, don Antonio Sammartin, ritenuta troppo appariscente, fu sostituita dall'attuale nell'ottobre del 1962. Si parta dalla bussola centrale, a lato della quale si trova il Battistero dove è stata posta la pala con Il battesimo di Cristo con i santi Antonio abate, Antonio di Padova e un santo vescovo, opera di un anonimo pittore settecentesco, un tempo nell'altare di San Giuseppe. Nella cantoria, si trova un organo di Gio.Batta Zordan del 1888. Nelle piccole cappelle laterali sono stati collocati quattro altari, trasportati qui dalla vecchia chiesa e rimontati adattandoli al nuovo edificio. Da sinistra si ha l'altare della Madonna del Rosario, ricostruito nel 1736 dall'omonima confraternita e abbellito, nel paliotto, dall'immagine della Titolare. La statua nella nicchia è del 1929. Più oltre è collocato l'altare della Madonna delle Grazie, eretto nel 1735, dalle linee aggraziate. Nella nicchia si trova la statua in pietra della Madonna delle Grazie, eseguita nel 1542 da Giovanni da Porlezza. Nel paliotto in tempi recenti è stata inserita la statuetta devozionale di Maria bambina. Dalla parte opposta si susseguono gli altari di San Giuseppe, settecentesco, con statua di Romano Cremasco e quello di Sant’Antonio di Padova, rifatto nel 1769 da Rinaldo Lezeni, su commissione della locale famiglia Scortegagna con statua di R. Cremasco (1929). La navata, infine, è decorata agli angoli da quattro tele: La Samaritana al pozzo e La Maddalena (Vittorio Marusso, 1913) presso l’organo; Il transito di san Giuseppe e L’apparizione di Gesù a santa Margherita Maria Alacoque (Giuseppe Faccin, 1900) sopra le porte della sacrestia e dell’oratorio. Infine, di fronte al pulpito si trova la paletta con La Vergine e il Bambino con i santi Pietro e Paolo (Giacomo Ciesa, 1770), originariamente sull’altare di Sant’Antonio.
Al centro della zona presbiterale sta l'altar maggiore dal ricchissimo paliotto con un simbolo eucaristico; ai lati si trovano gli elementi dell'apparato per l'adorazione eucaristica, opera d'artigianato ottocentesco. Nella parete absidale, entro una cornice rifatta nel 1898, è posta la pala I santi Filippo, Giacomo e Rocco e la santissima Trinità che incorona la Vergine (Giovanni Antonio De Pieri, 1705). Ai lati del coro ci sono due grandi tele: Gesù fra i dottori del tempio (a sinistra) e I continenti adorano Cristo re (a destra), opere entrambe di G. Faccin (1900). Quest'ultima tela è degna di una particolare menzione: fra gli astanti prostrati in adorazione del Cristo, nella zona a destra del dipinto, si trovano i ritratti di papa Leone XIII, del vescovo mons. Antonio Feruglio (il prelato in cappa inginocchiato in primo piano) e del parroco di Monte Magrè, don Riccardo Lucato (il sacerdote con la stola). Scesi dal presbiterio, attraverso la porta a sinistra si entra nel piccolo oratorio, all'interno del quale si trova un tabernacolo ligneo (XVII secolo?) con l'immagine del Christus passus sulla porticina.
Oggetti d'arte di particolare pregio e/o interesse:
1 - Pala dell’altar maggiore. La pala, opera di Giovanni Antonio De Pieri, è stata datata dal Saccardo al 1705 ed è tuttora considerata una delle opere più alte del pittore vicentino. Intitolata I santi Filippo, Giacomo e Rocco e la santissima Trinità che incorona la Vergine, mostra nella parte inferiore i tre santi: i due titolari in cui il rosso robusto e il verde bottiglia delle vesti di san Filippo, l'azzurro-grigio e i bianchi di san Giacomo e figura di forza plastica non inferiore a quella di Filippo che tiene alta la croce, rispondono al gusto del De Pieri, qui chiaramente debitore del suo maestro ideale: Francesco Maffei» (CEVESE, 1990). Tra le due figure, appena disegnata nell'imprimitura, si trova l'immagine di san Rocco. Dietro le figure c'è uno scorcio di cui l'autore sa trarre profitto per inserire un paesaggio, nel quale isola la consueta torre antica. Sopra i santi c'è la scena dell'incoronazione: "attorno alle belle figure della Trinità ruotano innumerevoli teste di cherubini" (CEVESE, 1990).
2 - Pala dell’altare dei santi Pietro e Paolo. Commissionata al Ciesa nel 1770, questa paletta è giudicata "una delle opere più interessanti" dell'artista. vicina stilisticamente ai momenti migliori di Vivaro e soprattutto di Valdagno. Raffigura la Madonna in trono con, sullo sfondo, un damasco; ai lati san Pietro in piedi e san Paolo inginocchiato. Maria è vestita in rosso e blu. Pietro indossa un saio coperto da un manto marrone, Paolo invece ha una vesta verde e un manto rosso. (RIGON, p. 44).
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
- Fernando RIGON, Pittori vicentini minori del '700, Vicenza 1981;
- Mario SACCARDO, Potrebbe essere stata dipinta ai primi del Settecento. Pala di De Pieri a Monte Magrè. Un vero gioiello, "La voce dei Berici", 6 novembre 1988;
- Renato CEVESE scheda 3.1.1. in I Tiepolo e il Settecento vicentino, a cura di Fernando RIGON - Maria Elisa AVAGNINA - Franco BARBIERI - Lionello PUPPI, Remo SCHIAVO, Milano 1990, p. 108;
- Paolo SNICHELOTTO, Monte Magrè nella storia. Terra, uomini, istituzioni, Monte Magrè 2003.